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20230507 La giusta misura dell'informatica

1) Il mio smartphone, un Samsung di fascia economica, ha una discreta fotocamera associata ad una app evidentemente ereditata dai modelli di fascia superiore. Scatta buone foto ed è ricca di funzioni interessanti che spaziano dalle utili regolazioni manuali per esposizione e bilanciamento del bianco fino alle vanesie maschere da sovrapporre dinamicamente ai volti. Quel che invece sembra mancare è una banale opzione per regolare la risoluzione degli scatti (se c'è, deve essere nascosta molto bene perché nonostante molteplici tentativi non l'ho trovata). Il risultato è che ogni foto è sempre scattata alla massima risoluzione ed occupa alcuni megabyte di spazio sulla scheda di memoria. Ora, ci sono foto ricordo che è desiderabile abbiano una buona risoluzione ma ce ne sono molte altre che sono banali promemoria come mi capita spesso di fare con gli orari di apertura di un negozio o con le pagine di un libro. Non è solo una questione di memoria occupata inutilmente, ma più in generale di risorse spese senza una ragione concreta. La foto a molti megapixel potrebbe ad esempio essere condivisa in una chat e quindi consumare molto traffico dati, o confluire tra i file da sincronizzare in un backup finendo per rendere l'intero processo molto più lento (quindi noioso e dunque purtroppo procrastinabile).

Alla fine, cercando in quell'atollo di serenità che è F-Droid ho trovato Libre Camera, una applicazione alternativa per la fotocamera che ha il grande pregio di avere un menu per la regolazione della risoluzione sempre in primo piano e che mi permette di scattare foto anche a soli 320x240 pixel, se è questo ciò che mi serve in quel momento.

Breve digressione. Parlo di atollo di serenità in merito ad F-Droid sulla base di una esperienza ormai pluriennale con questo progetto. F-Droid è uno dei pochi posti da cui installare applicazioni senza temere funzioni ostili, pubblicità traccianti, ed ogni altro genere di opacità che invece spopolano negli store ufficiali.

2) Recentemente per raggiungere un minimo d'ordine su un celebre sito di e-commerce, ho acquistato a pochi euro una chiavetta USB da 64 GB. Per qualche oscura ragione ho una specie di ossessione per i supporti di memoria per cui quando capita ne acquisto sempre anche se non ne ho un bisogno immediato. Questo modello della Kingston è uno dei più capienti tra quelli che possiedo dal momento che, tra le altre cose, non mi piacciono i supporti eccessivamente capienti poiché spingono a concentrare i backup sempre sullo stesso drive e ad ammassare file senza alcuna scrematura.

Con l'idea di testare empiricamente la chiavetta, ho selezionato un po' di file voluminosi ed ho iniziato a copiarli sul supporto. Dopo qualche minuto ho realizzato che l'intera operazione di backup avrebbe richiesto diverse ore nonostante le prestazioni del pendrive fossero in linea con i modelli di quella fascia di prodotto. Anche qui arriviamo al paradosso tecnologico, disponiamo di memorie estremamente capienti ed affidabili, le possiamo acquistare a prezzi ridicoli ma al tempo stesso la quantità di dati che gestiamo è cresciuta al tal punto da vanificare gran parte dei miglioramenti tecnologici acquisiti. Il risultato è che un backup veloce resta una chimera non troppo diversa da quella che dovevamo affrontare quando il supporto più economico ed abbordabile era il floppy disk da 3,5 pollici.

3) Su quello che era il mio primo personal computer per qualche tempo girò una versione OEM di Microsoft Works installata dal produttore assieme al sistema operativo ed a altre utility varie. Il software andò presto perso dopo un intervento tecnico in garanzia che piallò il contenuto del disco rimpiazzandolo con un diverso set OEM. Feci in tempo però ad utilizzare quel software per qualche mese impiegandolo anche su documenti di una certa rilevanza. Quel che venne dopo è letteralmente una lunga storia di cui avevo parlato tempo addietro e che magari recupererò in un prossimo futuro. Ciò che conta in questo contesto però è che di Microsoft Works conservo ancora oggi un buon ricordo, per la semplicità dei suoi strumenti, per le numerosissime procedure guidate, per i molti modelli incorporati, per l'editor di formule matematiche, per quell'idea di database a schede dall'uso intuitivo, per quella sensazione di ordine ed uniformità che riusciva a trasmettere. Probabilmente l'ho usato per un tempo troppo breve per poter fare una valutazione seria del prodotto, ed altrettanto probabilmente le mie stesse capacità informatiche al tempo erano troppo limitate per un giudizio di qualche merito. E tuttavia ho trovato spesso tracce sul web di utenti affezionati a Works che ne descrivono i meriti e ne rimpiangono l'abbandono.

Works è stata una piacevole anomalia nella produzione software di Microsoft, figlio di un tempo in cui il software ad uso hobbistico e quello ad uso professionale viaggiavano su binari separati. Il primo orientato alla praticità ed accessibile a costi contenuti, il secondo già sovraccarico di funzioni ed ovviamente molto più costoso. Poi le cose hanno cominciato a mutare ed il successo dilagante di Office ha schiacciato anche lo stesso Works fino a determinarne la fine dello sviluppo.

Ecco, Works è stato forse uno degli ultimi esempi di software di produttività orientato all'uso hobbistico, proporzionato all'impiego che ne avrebbe fatto l'utente medio, ragionevole nelle dimensioni e nei requisiti hardware. Da lì in avanti sia Office sul lato Microsoft, sia i vari progetti alternativi sul lato opensource hanno semplicemente forzato nell'uso personale strumenti progettati per l'impiego professionale o aziendale. Anche qui dunque un equilibrio mancato tra gli obiettivi da raggiungere e gli strumenti per ottenerli.

Pensateci la prossima volta che il vostro smartphone avrà la memoria piena, o quando un vostro backup conterrà la peggiore immondizia ma non quel file vitale che avete perso per errore, o ancora quando il vostro wordprocessor si aprirà con quello sbarramento di menù e pulsanti di cui ignorate persino il nome.

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