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L'onda critica che si abbatte sui social netowk tradizionali potrebbe essere ispirata dalle ragioni sbagliate
Ce lo siamo detto per anni di come i social network fossero progressivamente diventati incubatori dell'odio sociale; di come al sicuro da sguardi diretti i peggiori istinti umani trovassero in quegli spazi digitali un fertile terreno di cultura; di come Farfallina83 e Rambo_Milano utilizzassero in quegli ambienti toni e metodi che mai avrebbero impiegato nella vita offline. Alla fine quest'odio latente sembra si stia ora rivoltando anche contro l'ecosistema che ne ha permesso il consolidamento in una sorta di tragedia Shakespeariana un po' coatta.
La rivolta che non c'è stata per lo scandalo Cambridge Analytica, per lo spyware ambulante che sono diventati i nostri smartphone, per la profilazione orwelliana che ci segue cagnesca, ecco fare la sua comparsa ora in un contesto di per se stagnante se non decadente.
Potremmo pensare che questa reazione sia frutto di un lungo lavoro di sensibilizzazione ai temi della privacy. O che derivi da una accresciuta diffidenza nelle relazioni internazionali. O che magari sia l'onda lunga del Fediverso che ha mostrato una via alternativa ai social tradizionali.
Può darsi. La mia impressione però è che l'ostilità verso i social network sia una sorta di fallo di reazione. Una risposta viscerale al venir meno della promessa di quel tutto gratis per tutti che improvvisamente non sembra più sostenibile. Sembra in altre parole che il problema di fondo non sia il modello iper-inflazionato delle reti sociali, ma il dover mettere mano al portafogli per garantirsi quella vetrina sociale e quella viralità del messaggio che finora era possibile avere (quasi) gratis (nel senso che non si pagava in moneta).
Se così fosse, allora questa rabbia anti-social nasce dai motivi sbagliati. Non una presa di coscienza ma un rigurgito ostile verso quel sistema che non è più in grado di appagare le ambizioni dell'utente, economiche o sociali che siano.