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Dovessi azzardare una previsione su come sarà Internet tra 10 anni, vi direi che probabilmente la centralità del browser sarà solo un ricordo e l'accesso alle informazioni avverrà in massima parte attraverso interfacce personalizzate, chiuse in contenitori scarsamente personalizzabili. Si insomma, ciò che probabilmente ci aspetta è un proliferare del concetto astratto di "app" declinato ben oltre il contesto attuale. Scatole chiuse, in cui agli utenti sarà vietato guardare, con clausole ed opzioni da accettare in blocco, senza protestare. Se il browser da qui a dieci anni avrà ancora un ruolo molto dipenderà dalle scelte che facciamo oggi, a livello utente ovviamente, ma soprattutto a livello legislativo e regolatorio. Un discorso complesso che marginalmente c'entra anche con la migrazione di Trentanove - La Rete che verrà su Tumblr. Ma di questo dettaglio parleremo magari in una prossima occasione.
Nella narrativa sulla così detta Prima guerra dei browser, Internet Explorer è sempre stato dipinto come il cattivo della situazione. Una semplificazione di quelle che facilitano il racconto ma che allo stesso tempo trascurano dettagli importanti. Uno di questi è che il buono della storia, Netscape, poi tanto buono non era ed a sua volta manipolava pesantemente gli standard a proprio vantaggio. Come finì questa battaglia è ben noto, con Internet Explorer integrato in Windows che nei primi anni duemila superava di slancio il 90% del mercato. Sembrava un monopolio inattaccabile, tanto che ad un certo punto in quel di Redmond tirarono decisamente i remi in barca. IE6 si trasformo in un lungo plateau che permise a nuovi contendenti di raggiungere la massa critica per competere. Il colpo finale a quel monopolio arrivò, paradossalmente ma non troppo, da un altro monopolio; quello che vide nel 2008 l'arrivo sulla scena di Chrome. Quattro anni dopo Internet Explorer era già minoritario nelle scelte degli utenti tanto che Microsoft provò prima la carta del nuovo prodotto (Edge) e poi si adeguò come quasi tutti gli altri a salire sul carro del vincitore (Edge basato su Chromium). Nonostante tutto questo Internet Explorer è sopravvissuto come strumento legacy, da tirar fuori per far funzionare quella 'maledetta' applicazione web nella intranet aziendale o per visitare quel sito interessantissimo ma rimasto abbandonato a se stesso nei decenni. Anche questo ruolo però sta per esaurirsi. Supporto ed aggiornamento termineranno infatti il prossimo 15 giugno 2022 con gli utenti già da oggi invitati a trovare soluzioni alternative o a familiarizzare con la modalità IE di Edge. Di per se non c'è nulla di cui rattristarsi stavolta, se non per il fatto che su un monopolio infranto ne è stato eretto un secondo, per molti versi anche peggiore.
Negli ultimi tre anni Meltdown e Spectre hanno popolato di incubi le notti di ogni sistemista. Per chi avesse avuto cose più piacevoli a cui pensare, riassumo brevemente: si tratta di due vulnerabilità hardware riscontrate in diverse famiglie di microprocessori ed utilizzabili da un processo ostile per accedere alle aree di memoria riservate ad altri programmi. La gravità di queste vulnerabilità fu evidente fin da subito, ed allo stato attuale le misure messe in campo a livello software possono solo mitigare il problema. Firefox Site Isolation è una nuova funzionalità del browser Mozilla Firefox che offre una difesa più solida rispetto a questo tipo di problematica. Per chi volesse approfondire, un bel articolo di Anny Gakhokidze. Per chi invece si accontenta delle mie sommarie capacità illustrative, ecco in breve come funziona.
Parliamo ancora di Firefox. Ormai è esperienza comune quella di affidare ad un servizio di traduzione automatica quelle pagine e qui documenti scritti in una lingua che non padroneggiamo. Tutto fila liscio finché si tratta di contenuti pubblici o comunque privi di informazioni personali. Le cose cambiano però quando abbiamo tra le mani un documento riservato o anche solo il testo di una mail che però contiene il nostro indirizzo o altre informazioni che preferiremmo tenere private. Per quanto comodi siano i servizi online, è un dato di fatto che non abbiamo alcun controllo su come verranno usate le informazioni che diamo in pasto al traduttore.
Bergamot è un progetto finanziato dall'Unione Europea e portato avanti da un consorzio che include l'Università di Edimburgo, la Charles University di Praga, l'Università di Sheffield, l'Università di Tartu e Mozilla. Lo scopo è quello di realizzare un sistema di traduzione automatica integrato nel browser e che:
Questo progetto si concretizza attualmente in un componente aggiuntivo da installare in Firefox e che in prospettiva potrebbe essere integrato nativamente nel browser. Al momento sono supportate solo le traduzioni da e verso inglese, spagnolo ed estone. Dato che l'estensione Bergamot è ancora nella fase intermedia dello sviluppo, la si può installare solo su Firefox Nightly abilitando l'installazione di estensioni non firmate. Se può interessarvi, la procedura dettagliata ed una breve recensione sono disponibili in un recente articolo di Martin Brinkmann.
Nostalgia di Mirc e dell'ordinato disordine delle chat IRC? Probabilmente no, ma se siete appassionati di tecnologia date comunque un'occhiata a Liber.chat. Da molti anni diversi importanti progetti opensource mantengono un canale IRC sulla rete Freenode, originariamente nata proprio per offrire una casa a questo genere di gruppi. Una serie di criticità emerse attorno alle gestione Freenode ha portato alla nascita di Libera.chat ed al trasferimento sotto questa nuova realtà di molti canali. Non entro nei dettagli, ma su Arstechnica c'è una completa ricostruzione degli eventi.
Nello scorso numero avevo ritagliato uno spazio alla notizia, di per se piccola, del passaggio di Audacity a Muse Group. Chi segue da un po' di tempo queste vicende, sa che queste operazioni hanno sempre dei risvolti di non immediata comprensione. E così nei giorni successivi alla notizia ha fatto molto discutere una richiesta pull su Github per l'inclusione di funzioni di telemetria in Audacity. Tale novità sarebbe comunque rimasta disattivata di deafult ed il suo scopo era ufficialmente la raccolta di informazioni per migliorare il software.
Nulla di catastrofico, ma capite bene che chi ha usato negli anni Audacity è abituato ad un software molto discreto, che se ne sta buono nella sua cartella di installazione e non esaspera gli utenti con continui inviti a condividere o aggiornare. Un software vecchia maniera, che lo installi e lo usi senza ulteriori complicazioni. Quello spezzone di codice di telemetria insomma è stato vissuto come un indizio di cosa potrebbe accadere di qui in avanti. E le reazioni sono state estremamente critiche al punto che alla fine l'idea è stata accantonata.
Dopo quasi 11 mila battute, direi che per oggi può bastare. A presto.