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Viviamo tutti all'interno di schemi ripetuti, retaggio del nostro passato. E spesso non capiamo perché ciò che a noi sembra evidente appare invece oscuro ed incomprensibile per i nostri interlocutori. Costeggio il mondo del software libero da un po' di anni, e ho dovuto concludere amaramente che molte delle idee che lo animano sono puramente formali, pronte ad essere sacrificate alla prima occasione in nome della "battaglia più grande" o più banalmente della convenienza del momento. Ci arrivi con il tempo, con il ripetersi di situazioni già note, con le vuote cantilene che meccanicamente rimestano sempre i soliti logori concetti. Ci arrivi guardando l'incoerenza di chi addita un male in pubblico e se ne fa concupire in privato. Ci arrivi perché se metti le persone davanti alla loro incoerenza, ottieni solo una chiusura a riccio: l'incapacità di dare un senso alle proprie posizioni trasformata nell'attacco a chi le fa emergere. Potrebbe non sembrare, ma anche di questo vi parlerò oggi in questo numero 4 di Trentanove - La rete che verrà.
Se non avete vissuto su Marte negli ultimi 10 anni, saprete che la frontiera dell'informatica si chiama cloud. A questo paradigma tendono un po' tutte le società del settore affascinate dal trasformare la vendita una tantum in altrettanti e ben più remunerativi abbonamenti perpetui. è quello che ha fatto Microsoft con Office 365 o Autodesk con le ultime release di Autocad solo per fare due esempi. Una delle conseguenze di questo spostamento è che le applicazioni desktop in senso classico perdono di rilevanza sia dal punto di vista tecnico che commerciale. Siamo ancora a metà del guado, ma l'idea di avere i propri applicativi sul proprio computer e quindi sotto il proprio insindacabile controllo è destinata a sfumare. Un bivio ci aspetta beffardo: aderire alle luci scintillanti del nuovo rinunciando a pezzi della nostra indipendenza o rintanarci nel vecchio accettandone i limiti ma anche apprezzandone i privilegi.
OpenOffice oggi è questo, una barca controvento che offre ciò che gli altri stanno progressivamente eliminando. Un software autonomo, che non deve comunicare con nessuno, che non ha bisogno della rete, che lascia il controllo all'utente. Una pecora nera e testarda sgradita a molti che ne vorrebbero la scomparsa. E dunque se una esistenza informatica da riserva indiana ci aspetta, meglio prepararci per tempo e preservare quanto più ci è possibile.
Accogliamo dunque l'arrivo di OpenOffice 4.1.8 come il segnale di una resistenza possibile, come l'ulteriore tassello di una via pacifica ed amichevole all'informatica, come lascito prezioso di un tempo a cui finiremo col guardare con nostalgia. Scaricate ed installate, finché avrete questa opportunità.
Lo so, dopo aver letto la prima parte probabilmente mi accuserete di toni eccessivi e melodrammatici. Ma proprio in questi giorni si è presentata la controprova perfetta per argomentare meglio la questione cloud. Google Foto finora ha offerto spazio illimitato per il backup delle fotografie a patto di accettare una riduzione della risoluzione a non più di 16 Mpixel. Vincolo non certo limitante, anzi sovradimensionato per la maggior parte degli usi pratici. Ora però cambierà tutto e dal prossimo giugno qualsiasi foto caricata concorrerà alla soglia dei 15 GB di dati offerti gratuitamente. Una soglia beninteso condivisa da vari servizi inclusi email e Drive. Chi ha bisogno di più spazio dovrà, anche qui, sottoscrivere un abbonamento mensile o annuale.
Con la risoluzione media delle fotocamere attuali, mettere insieme alcune decine di gigabyte di dati è piuttosto semplice, quindi verosimilmente in molti dovranno conciliare le abitudini pregresse con limiti molto più stringenti. Ora pensate a questo scenario e poi confrontatelo con il costo di una scheda di memoria SD che permetterebbe di archiviare anni di fotografie senza dipendere da nessuno. Ecco, l'insidia maggiore del cloud è questa, lasciare che il proprio lavoro e la propria vita dipendano pesantemente da qualcuno il cui scopo ultimo è massimizzare i propri guadagni. Quanto sono lontani i tempi in cui GMail mostrava un contatore sempre crescente dello spazio offerto? E quanto imprudenti siamo stati a farne un fenomeno dilagante?