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20200713 La televisione residuale [Condensati di Rete - 20 - 13.07.2020]

Streaming e pay tv hanno ridotto le nostre libertà di scelta. Anche se potrebbe non sembrare. E poi strane creature che nascono nel fediverso ed un inedito LinuxDay.

I palinsesti televisivi estivi mi hanno sempre trasmesso un senso di tristezza. Tra repliche di repliche, improbabili polizieschi tedeschi ed altri scarti che non si è riusciti a piazzare meglio, sembra quasi che il telespettatore estivo non abbia la stessa dignità di quello invernale. Ma non è di questo che voglio parlarvi oggi. O meglio, è anche di questo ma in un quadro più generale.

Con il travagliato switch-off al digitale terrestre e con l'arrivo di Tivusat, il panorama televisivo italiano sembra essersi notevolmente allargato passando da un duopolio di fatto ad un duopolio affievolito. Se Rai e Mediaset mantengono nei fatti una leadership piuttosto solida è anche vero che Cairo, Discovery e la stessa Sky si sono ritagliate spazi importanti. D'altro canto il moltiplicarsi dei canali ha fatto si che anche gli ascolti si spalmassero su molte più reti con il risultato che alle spalle delle due reti ammiraglie (Rai 1 e Canale 5) le posizioni di rincalzo siano diventate contenibili. Magari non nella media stagionale ma di certo in alcuni giorni della settimana o in alcune fasce orarie. Tutti più felici dunque? Dipende.

Ci sono più canali tra cui scegliere, questo è indubbio. Ma c'è davvero più scelta? La mia impressione è che la tv generalista sia ormai rimasta esclusa da quasi tutti i contenuti di pregio, quelli che economicamente valgono di più e che ormai sono sempre stabilmente appannaggio di pay-tv e streaming. Davvero non ricordo quanto tempo sia passato da quando ho visto l'ultimo film in prima visione su una tv generalista. Anzi quei pochi titoli che potrebbero interessarmi mediamente non ci arrivano proprio su quelle emittenti. E lo stesso vale per lo sport di cui sulla televisione gratuita restano ormai solo briciole avvelenate. Basta vedere la tristezza di Rai Sport che dopo aver tagliato uno dei due canali ormai riempie il palinsesto di eventi d'annata e noiosissimi talk. E che dire del calcio? Persino gli highlights sono diventati una merce rara se non a notte fonda. Qualche partita ogni tanto, magari qualche finale restano in chiaro ma il resto è privilegio di chi può spendere di più. Persino più triste il destino della Formula 1 e del motorsport in genere ormai scomparso dai radar a parte improponibili differite e qualche boccone live.

è il mercato, si dirà. Una catena che in teoria vuole creare valore. Le televisioni pagano cifre sempre più folli, gli organizzatori incassano sempre di più e lo spettatore spende in crescendo, magari anche felice di far parte di una élite (avete presente quelli che su #Twitter rilanciano gli hashtag della pay-tv?). C'è però un problema. Possono girare più soldi ma allo stesso tempo gli appassionati calano inesorabilmente, tagliati fuori dai costi o anche dalla semplice frustrazione di dover gestire abbonamenti multipli di cui poi si usufruisce poco o nulla.

Ancora la Formula 1 è un ottimo laboratorio per capire questa dinamica. Questo articolo di p300 mostra numeri alla mano il declino dell'interesse per questa disciplina nel nostro paese. Il percorso è in qualche modo segnato, nel breve periodo la pay-tv porta più soldi e più sfarzo ma se inaccessibile riduce anche il pubblico. Fino ad un certo punto i paganti compensano gli ammanchi di interesse ma alla lunga il bacino si prosciuga ed uno sport nazionale torna a diventare di nicchia. Ed a quel punto che perde d'interesse anche per le pay-tv e rischia di scomparire del tutto.

Ora lo stesso meccanismo visto nello sport si può applicare anche ad altri settori. Al cinema ad esempio. Un film di grande richiamo che arrivi in chiaro ad anni di distanza dall'uscita ha ormai un interesse marginale. Se anche raccogliesse un certo seguito, calendario alla mano non sarebbe più in grado di diventare oggetto di discussione.

Le pay-tv avrebbero potuto basare il loro business sul modello della coda lunga andando ad occupare quegli spazi, anche importanti, che la TV generalista non era in grado di coprire. Si è invece orientata sulla competizione diretta a suon di anteprime ed esclusive massimizzando il propri incassi (e le proprie spese) ma creando al tempo stesso un sistema più fragile. Dal 2003, anno della fusione tra Stream e Tele+ nella l'attuale Sky, la pay-tv in Italia ha avuto un solo giocatore con la breve eccezione di Mediaset Premium. Ma lo scenario è rapidamente mutato ed è con lo streaming che gli assetti consolidati si stanno sfaldando.

Trasmettere in streaming abbatte i costi dal momento che non servono infrastrutture fisiche e frequenze. E d'altro canto la banda larga è ormai nella maggior parte delle case, già attiva e ampiamente sottoutilizzata. Ecco allora che il modello escludente della pay-tv si sta ritorcendo contro le stesse che si ritrovano a dover competere su contenuti che in passato era fin troppo facile strappare alle tv generaliste. Per ora il danno è limitato, molti utenti pur storcendo il naso hanno siglato abbonamenti con fornitori diversi, televisioni e piattaforme hanno sottoscritto accordi per non farsi troppo male. Ma quanto durerà?

Intanto noi utenti allergici alla pay-tv e indisposti verso lo streaming (o se preferite semplicemente avari :) ) abbiamo a che fare con una televisione residuale che raccoglie quel che i filtri delle pay-tv e delle piattaforme di streaming non trattengono. Può essere una sofferenza come in questi giorni di estate poveri di spunti. O come nei giorni di gran premio con il pensiero che viaggia su lontani circuiti. Ma può anche essere una occasione per guardare altrove, per vedere qualche buon film dimenticato troppo in fretta, per fare un giro nel palinsesto culturale di Rai 5 o Rai Storia, per perdersi nella nostalgia alla milionesima replica di Holly e Benji. O anche per spegnere il televisore e fare altro.

Altre cose in breve

  1. Qui nel fediverso (principalmente su #Mastodon) cultura digitale, privacy e software libero stanno provando a condensare in qualcosa di nuovo. Se ho ricostruito bene la dinamica tutto è partito da questo toot di @morven@mastodon.uno. L'idea collaborativa si sta sviluppando qui.

  2. Chi segue questa rubrichetta sa che ho una certa fissa per il conteggio dei download di #OpenOffice. Beh pare che per la versione 4.1.7 siamo ormai ben sopra i 17 milioni dal solo mirror ufficiale.

  3. Il #LinuxDay 2020, data la situazione, avrà una formula rivoluzionata. Si svolgerà online sabato 24 e domenica 25 ottobre con un programma ancora tutto da stabilire. Se voleste proporre un talk o anche solo per avere maggiori informazioni potete visitare la pagina ufficiale.

Archiviamo con questa notizia anche il secondo numero di luglio. A presto.

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